Decalogo del difensore tributario
Note di appunti ed esperienze vissute sul campo da un difensore tributario.
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Ricorda sempre che la lite pendente è preziosa.
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Una controversia tributaria è come una piantina: va sempre coltivata altrimenti appassisce e non farà sbocciare giammai alcun fiore. Segui sempre gli sviluppi della controversia verificando la costituzione in giudizio dell’avversario e controdeduci sempre rispetto alle posizioni ex adverso sostenute. Se tutto ciò non lo fai, non ti sorprendere se il giudice farà suo l’inquadramento della questione proposta dalla tua controparte.
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Chiedi sempre la trattazione in pubblica udienza della tua controversia.
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Il difensore deve sempre perseguire il buon esito della lite. Quello appena citato è un principio di etica professionale ma deve essere anche la stella polare di qualunque difensore, anche per quello meno attrezzato e meno navigato.
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Il ricorso si propone solo se si hanno seri motivi da proporre e se si crede nella linea difensiva. Altri intenti sottesi alla presentazione di un ricorso portano solo a risultati insoddisfacenti ed inappaganti. Può sembrare banale affermarlo ma l’esperienza sul campo porta solo a questa conclusione.
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Il giudice tributario è tante volte suscettibile e presuntuoso. E’ difficile fargli rimuovere un suo convincimento. Se pure esso opera collegialmente, in assenza di un presidente preparato ad autorevole, conterà tantissimo l’opinione del giudice relatore.
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Ricorda: è vero che i ricorsi si vincono nel merito, cioè formulando adeguati e conferenti motivi di censura dell’operato dell’ufficio contraddittore, ma è ancor più vero che i ricorsi si vincono sollevando (laddove possibile) le eccezioni preliminari di rito. Parola di difensore.
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Un caro amico nonchè collega difensore tributario che da tanti anni frequenta, ovviamente per motivi legati al suo ministero di difensore, la sezione tributaria della Suprema Corte di Cassazione, mi dice che esistono due scuole o se volete, più semplicemente, due parrocchie: quella dei processualisti e quella dei sostanzialisti.
La prima è collegata a chi predilige le questioni di rito e tende a voler impostare una causa dando maggiore rilevanza alle questioni pregiudiziali e o preliminari relative a vizi formatisi in ordine ad asseriti vizi posti in essere da parte avversa nell’introduzione e nel proseguimento del processo. La seconda, all’opposto, si concentra trattando nel merito la questione tributaria tralasciando le altre questioni. A te l’ardua scelta! E cioè se aderire all’una o all’altra!
p.s. probabilmente la verità è in una via di mezzo (in medio stat virtus)
i ricorsi si possono vincere sia nel merito che per motivi pregiudiziali. Quindi, sollevali sempre a prescindere dalla loro natura. Sarà solo il giudice a valutarli. La tua stella polare è perseguire il buon esito della lite: che ci si pervenga in un modo o in un altro è del tutto relativo e secondario
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Alla fine il difensore resta sempre solo. Dopo essersi confrontato col cliente, dopo averlo ascoltato, dopo aver studiato la causa, dopo aver esaminato tutti i documenti. Dopo essersi confrontato con un collega. Ebbene dopo tutto questo egli resta da solo. E’ solo lui che nel confrontarsi col suo foro interiore deve scegliere. Deve cioè scegliere quella che per lui è la strada o la strategia difensiva più appagante per perseguire il buon esito della lite. E quanto pesa quella decisione. Un errore compiuto in questa fase potrebbe non essere più emendabile. Si riflette, si pensa e si ripensa. Ma alla fine si è soli con la propria coscienza. E’ proprio vero il difensore alla fine resta sempre solo.
Rammenta sempre che nella ricostruzione del fatto, possibilmente, devi evitare di citare aspetti o elementi fattuali che potrebbero rilevarsi controproducenti per la tua difesa. Tante volte accade che la tua parte avversa non li rilevi e quindi non verranno mai a cognizione del giudice. Ciò perché ricordo sempre l’insegnamento di uno dei più titolati difensori di sempre: Alfredo De Marsico, il quale, in una raccolta delle sue arringhe, nel descrivere un episodio relativo a una sua difesa, affermò che il difensore persegue sempre un interesse di parte e quindi non deve mai rilevare, in linea di principio, elementi fattuali controproducenti alla sua difesa. Rammenta il difensore non è il giudice. E’ solo a quest’ultimo che nella sua funzione di terzietà ed imparzialità spetta con equilibrio valutare i fatti come allegati dalle parti ed assumere una decisione.
Una controversia tributaria è come una piantina: va sempre coltivata altrimenti appassisce e non farà sbocciare giammai alcun fiore.
– Dott. Luca De Rosa.
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